Pubblicato il 20/04/2020 su Linkedin: vai al post per ulteriori commenti

“Il Consulente Finanziario (CF) ha 2 Clienti: da un lato il portafoglio finanziario che consulenzia (che trarrebbe grande vantaggio dall’avere come suo padrone unico il CF*), dall’altro lato il proprietario del portafoglio stesso che ragiona con la sua testa vivendo spesso grandi paure in relazione ad esso”.
“L’idraulico, per converso, ha come unico Cliente il sistema idraulico da sistemare: il proprietario del sistema idraulico non vive particolari emozioni dopo aver scelto l’esperto e contrattato il prezzo per pagare il suo intervento”.
Questo pensiero (ascoltato in un recente webinar del prof. Legrenzi offerto da GAM) mi ha fatto riflettere su quali siano considerate, generalmente, le competenze di un CF e su quali dovrebbero essere, invece, le vere competenze di un CF ed in particolare in momenti come quelli che stiamo vivendo.
*La premessa di questa affermazione dovrebbe essere che qualunque CF dovrebbe agire col portafoglio del Cliente come fosse il “suo”, in assenza assoluta di conflitto di interessi (pleonastico?), in totale trasparenza sul costo diretto ed indiretto del proprio lavoro e con le stesse competenze sostanzialmente oggettive uguali per tutti i CF italiani (caso di studio per il prof. Legrenzi?, mi limito ad ironizzare, al netto di qualsiasi battuta o presunzione personale!)**
Una delle “vere”competenze del CF è certamente “aiutare le famiglie a meglio allocare il proprio risparmio”, afferma sempre il prof. Legrenzi nel webinar.
In linea generale l’asset allocation complessiva degli italiani è impostata in modo sub-ottimale, rispetto alle statistiche di rendimento storiche, per obiettivi di lungo termine: dei circa 9.500 miliardi di risparmio delle famiglie italiane (circa 8,2 volte il PIL) oltre 5.000 mld sono in immobili (che vengono identificati erroneamente come l’asset più sicuro) e circa 1.500 mld in depositi a vista.
Dei rimanenti 3.000 mld solo una parte residuale è orientata ad investimenti azionari globali life-strategy (azionario che viene considerato erroneamente come asset poco sicuro) che hanno invece offerto, statisticamente, rendimenti reali migliori di qualsiasi altra asset class.
La “gerarchia delle paure” è opposta alla gerarchia dei rendimenti. D’altro canto il nostro cervello è costruito in modo tale che le perdite finanziarie contano oltre il doppio rispetto ai guadagni (https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_prospetto): questa percezione penalizza molto gli asset azionari negli investimenti del Risparmiatore comune.
Proprio in momenti come quelli attuali la paura fa vacillare le certezze dell’Investitore.

In momenti rari come quello che stiamo vivendo il Risparmiatore/Investitore dovrebbe essere più propenso a mettere mano all’allocazione dei suoi investimenti: è ormai conclamato che stiamo entrando in un periodo recessivo ed è statisticamente provato che gli acquisti in azionario sistemico globale durante i periodi recessivi hanno ritorni superiori alle loro medie storiche nel lungo periodo.
Un interessante articolo qui https://www.morningstar.com/features...
in italiano qui: https://www.morningstar.it/it/news/201627...

Un’altra competenza di un CF dovrebbe essere la consapevolezza che i mercati, qualsiasi mercato, sono erratici e che statisticamente nessuno è in grado prevederli in modo resiliente. In questo senso non dovrebbe essere compito del CF interpretare i mercati per creare performances.
Questa è una grande competenza che dovrebbe avere un CF: noto ogni tanto qualcuno che se ne dimentica, o forse solo ammicca capacità taumaturgiche sui social. Ho deciso da tempo di smettere di tirare le orecchie personalmente nei commenti. Ci pensi qualcun altro.
A chi fosse invece convinto di poter creare performances in modo resiliente col market timing o col trend following chiedo evidenze... facendo presente che le statistiche dei gestori professionisti, titolari della gestione attiva sui mercati, sono pubbliche e purtroppo avverse e che la legge vieta la gestione surrettizia per poter eventualmente comprare e vendere contemporaneamente per decine o centinaia di Clienti per diventare emuli di Hasenstab.
Dell’erraticità dei mercati finanziari un lungo articolo qui: https://aswathdamodaran.blogspot.com/2020/01/data...

**Mi voglio infine soffermare su quella che il “sistema dell’intermediazione finanziaria” ritiene essere la principale competenza di un CF, dipendente, autonomo o con mandato. Avere tanti Clienti, avere tante c.d. masse... insomma: essere bravo nel convincere i Risparmiatori a farli diventare e rimanere Clienti. Ai miei tempi si diceva bravo a “vendere” (...ed io, modestamente, lo nacqui, ne ho le prove!). Adesso si dice competente e basta?
Stamattina ho ascoltato una battuta sul tema che condivido: “quando un CF relazionale con una strategia quantitativa incontrerà un CF capace di solo storytelling emozionale, il secondo è un CF morto”.
Per un pugno di dollari. Clint Eastwood.
Ritengo che una delle nuove competenze di un CF sia studiare e munirsi di strategie quantitative robuste e replicabili da esporre e sostenere contro qualsiasi critica. Ne ho parlato in questo pulse https://www.linkedin.com/pulse... replicato in questa nota https://www.facebook.com/notes/fulvio-marchese...
Essere brillanti comunicatori non basterà più, a parer mio, in un mercato che richiede confronti sostenibili tra strategie robuste con costi equi e non la continua nascita e succesivo marketing di vendita di prodotti attivi osannati per essere pseudo-onnipotenti in qualsiasi situazione di mercato da sales con la lingua lunga e costruiti da SGR intergalattiche a prezzi da mercato del lusso, che millantano logiche difensive olistiche e poi cadono miseramente double digit per non aver tenuto conto, magari, di problemi di liquidità per far fronte ai riscatti in periodi di turbolenza e larghi spread bid/ask. Anche Banche ed SGR ritengo si dovranno attrezzare: considerare sempre tutti con l’anello al naso non funzionerà per sempre.
L’ultima competenza di cui scrivo qui non è proprio ben chiara a tutti i CF: quella di restituire negli anni al cliente almeno la performance del rischio finanziario che l’Investitore consulenziato assume sul mercato (che fra l'altro il mercato restituisce gratis nel corretto orizzonte temporale viste le, spero note, difficoltà di creare alpha per cui quindi impattano i costi che il CF deve tenere costantemente sotto controllo - “altra competenza” poco percepita a parer mio) a seconda della c.d. tolleranza ai rischi, declinata nella coerente profilatura.
Su questa competenza permettetemi una battuta: tra gli addetti al settore c’è una super-overconfidence per cui a parole son tutti fenomeni. Eppure basterebbe un assessment sui portafogli dei propri Clienti per capire quanto si è bravi o si presume solo di esserlo.