Pubblicato il 14/11/2020 su facebook: vai al post per ulteriori commenti
(riflessione dopo la settimana con i più cospicui acquisti azionari mondiali di SEMPRE! - vedi regola n° 5 di Farrell)
Assieme a Buffett è uno dei grandi vecchi di Wall Street, una leggenda della finanza. Bob Farrell, oggi 88 anni, è stato per un quarto di secolo capoeconomista in Merrill Lynch, dove ha lavorato per 45 anni. E' famoso per la sua abilità di analista, che ha condensato in un decalogo conosciuto a memoria da ogni strategist finanziario. Che non è scolpito nella pietra, ovviamente, e va preso con le pinze, ma è indicativo di come ragionano i vecchi lupi di mare di Wall Street.
A proposito di bolle, Farrell ha sentito troppe volte pronunciare la frase «stavolta è diverso» nelle fasi di euforia borsistica per crederci. Va però aggiunto che mai, nel corso degli ultimi decenni, si era assistito a un interventismo così frenetico delle banche centrali per anticipare i problemi ed evitare turbamenti di mercato. Forse questo nuovo, singolare ruolo delle banche centrali potrebbe aver sparigliato le carte di chi, come Farrell, crede che i mercati non possano vivere continuamente di eccessi.
Ma lasciamo la parola all’ottuagenario ex capoeconomista di Merrill Lynch: ecco cosa dicono i suoi “dieci comandamenti” e come interpretarli.
1. I mercati tendono a riavvicinarsi alla loro media di lungo periodo
L’allontanamento degli indici azionari dalla loro media di lungo periodo (in una direzione o nell’altra) tende a essere prima o poi riassorbito, con i prezzi che si riavvicinano alla media. Guarda caso è quanto accaduto di recente al Nasdaq, come vediamo dal grafico qui sotto: dopo essere rimasto a lungo al di sopra della media a 50 sedute, è sceso a toccarla con la correzione di inizio settembre.
2. Gli eccessi in una direzione portano poi a eccessi nell’altra
Anche in occasione degli eccessi, ovvero delle bolle di euforia o dei crolli da panico, le Borse finiscono presto o tardi per comportarsi come un “pendolo”. Un esempio: durante la bolla tecnologica del 1999 il Nasdaq era finito al di sopra della sua media storica annuale. Ma nel 2000-2001 lo stesso Nasdaq ha avuto un eccesso opposto, finendo oltre il 40% al di sotto della media di lungo periodo.
3. Non esistono i «stavolta è diverso»: gli eccessi non sono permanenti
La storia dei mercati è stata costellata da innumerevoli periodi di euforia di singoli settori, dai tulipani nel Seicento alle società di navigazione nel Settecento e alle ferrovie nell’Ottocento, per arrivare a immobili, rame, auto, “new economy” e così via. Ma quando qualche espertone dichiara che “stavolta è diverso” non è il caso di dargli molto credito: «a Wall Street non c’è mai nulla di nuovo - spiegava Jesse Livermore, leggendario speculatore che divenne ricco con la crisi del ‘29 ma finì per suicidarsi nel 1940 - tutto quello che accade oggi sui mercati è già accaduto e accadrà in futuro».
4. I mercati si muovono in fretta, ma poi non correggono in laterale
I mercati possono salire o scendere molto più in fretta o più a lungo di quanto plausibile, «rimanendo irrazionali più a lungo di quanto tu possa restare solvibile» come spiegava l’economista britannico John Maynard Keynes. Ma quando il trend finisce, la correzione rischia di essere violenta.
5. I piccoli investitori di solito comprano molto nelle fasi di euforia
È la maledizione degli investitori retail: comprare sui massimi e vendere sui minimi, trascinati dal clima di euforia (o di panico). Il modo migliore, purtroppo, per perdere soldi. Bisogna invece fare grande attenzione a entrare in Borsa nelle fasi di crescita ininterrotta, perché rischiano di rivelarsi pericolose.
6. Paura e avidità sono più forti della costanza di lungo periodo
Con questo Farrell intende dire che bisogna essere investitori di lungo periodo, con costanza e tenacia anche nelle fasi avverse, senza farsi prendere dalla paura quando i mercati scendono o dall’avidità quando al contrario salgono.
7. I mercati sono più forti quando molti titoli partecipano al trend
La coralità di una fase bullish di mercato è importante per valutarne la robustezza. Lo abbiamo visto di recente, quando la salita di Wall Street non era trainata da tutti i titoli di tutti i settori, ma dalla solita mezza dozzina di colossi tecnologici (che però da soli valgono un quinto del listino). Dietro ai record di Big Tech, si è poi scoperto, c’erano le speculazioni in derivati del gruppo giapponese Softbank e probabilmente di altri: non a caso, appena diffusa la notizia, è arrivata a stretto giro una correzione a doppia cifra percentuale.
8. I mercati «Orso» hanno tre fasi: crollo, rimbalzo e nuova discesa
Questa è la struttura più classica delle “fasi Orso”: all’inizio un crollo violento, poi un rimbalzo e quindi una nuova discesa meno frenetica, morbida e in generale più razionale, dettata dal deterioramento dei fondamentali.
9. Quando tutti gli esperti sono d’accordo, di solito avviene il contrario
Gli eccessi di euforia generalizzata in genere vanno considerati pericolosi, spiega Bob Farrell da buon “contrarian”. Lo dimostra tra l’altro l’efficacia dell’indicatore “panico-euforia” messo a punto nel lontano 1987 da Citi e prezioso nel cercare di prevedere i top o i bottom di mercato.
10. I mercati «Toro» sono più divertenti di quelli «Orso»
E questo vale sia per le Borse che naturalmente per l’economia reale, ovvero il nostro posto di lavoro.
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